La navigazione da diporto di Giuseppe Patti La navigazione da diporto, tradizionalmente riservata ad un ristretto numero di persone, si è oggi generalizzata, grazie soprattutto alle industrie cantieristiche che, adoperando nuovi materiali e nuove tecniche di costruzione, sono in grado di produrre un vasto assortimento di imbarcazioni, a prezzi accessibili. Altri elementi hanno contribuito in maniera notevole alla diffusione della nautica da diporto; uno su tutti, il bisogno di trovare una maggiore distensione nel silenzio del mare, che ha spinto molte persone all’acquisto di un’imbarcazione a propulsione velica. Negli ultimi dieci anni l’incremento ha registrato un balzo in avanti grazie ai risultati agonistici conquistati delle imbarcazioni italiane impegnate nei più importanti campi di regate, dall’Admiral’s Cup, alle regate in solitario di Giovanni Soldini, a quella che sicuramente è stato l’evento mediatico per le diffusione della vela nel nostro Paese, la America’s Cup. L’ingresso dell’Italia nel gotha della vela mondiale si ha nel 1983 con la partecipazione della barca Azzurra. Da quel momento nei porticcioli è un brulicare di alberi di charter, di gusci di noci con un fazzoletto come propulsore. La passione scoppia, improvvisamente ci ricordiamo di essere un popolo di Santi, Poeti e di Navigatori. Ma purtroppo il circo delle regate esaspera il modo di andar per mare, rende estremo ogni minimo dettaglio al unto che possiamo azzardare il paragone con la Formula uno, là dove le macchine come le barche vengono create in laboratorio e non in officina o in cantiere. I materiali sempre più innovativi, le tecniche di progettazione sempre più sofisticate, gli equipaggi sempre più professionisti non rendono giustizia al “NAVIGARE NECESSE EST”. Le ricerche che vengono effettuate per questi bolidi vengono messe a disposizione del proprietario del guscio di noce che decide di cambiare barca perché vuole divertirsi, ahi noi il divertimento spesso coincide con la velocità che in mare raramente si concilia con la sicurezza, poiché velocità vuol dire barche più leggere e performanti. Ma la nautica da diporto attraverso i secoli si è sempre di più avvicinata alla necessità dell’armatore, i più grandi progettisti erano e sono grandi velisti, uomini che con l’esperienza hanno migliorato sia gli scafi che il concetto primitivo dell’andar per mare. Siamo passati dalle barche costruite per la crociera ed usate per le regate, alle barche costruite per la pura regata, alle barche costruite per la regata e usate per la crociera. Lo studio dei materiali più innovativi, presi in prestito dalle competizioni sportive, consentono che la crociera, soprattutto nel mediterraneo non si trasformasse in smotorate allucinanti senza mai issare le vele. Ma la cosa che non è mai cambiata e credo che mai cambierà, è il gusto, il piacere di andar per mare, quella sensazione di lasciarsi abbandonare sulle onde e di competere con la forza della natura sapendo di nutrire per essa il più grande rispetto, perché il mare ti guarda negli occhi e non ti perdona nulla. *** Il Mare ed i Suoi uomini Il Mare non finiremo mai di conoscerlo pur continuando a navigarlo, ad affrontarlo, ad amarlo ed a temerlo. Forse in questi quattro modi di viverlo si compendia il rapporto che si instaura tra noi ed il Mare. Se questo rapporto è pure meraviglioso nel suo unico sentimento d’amore, resta pure frazionato nel suo interno da molteplici sensazioni, sentimenti, ricordi, tutti diversi, a volte contrapposti e contrastanti. Amore, odio; gioia, timore; serena contemplazione e tensioni emotive; ebbrezza, incoscienza, spavalderia e rischi in costante agguato per ghermirci e annientarci; sono stati d’animo e stati di fatto con i quali siamo abituati a convivere, subendoli od esaltandoli, sempre lieti di poterli ricordare e raccontare con un certo ritegno ad altri uomini di mare che, come noi, li hanno vissuti. Navigarlo è un’esperienza unica ma non circoscritta in se stessa. Come tutte le esperienze è “magistra vitae” ed il Mare è un maestro unico perché come “salso elemento”, è vivo e vitale. Contiene e dà la vita. Generoso e pigro, si lascia avvicinare, navigare per conoscenza, studio, sola ammirazione, trasporto, nutrimento per le creature che lo abitano, approvvigionamento per gli esseri che vivono a terra e che dei suoi frutti si nutrono. Furente e terribile, lascia, prende o toglie tutto agli altri elementi; lascia la vita, dà la morte, l’annichilimento agli uomini che vi si avventurano. I suoi contatti temprano il carattere degli uomini, la loro volontà di lottare, di sopravvivere nelle circostanze peggiori. Consolidano i rapporti tra coloro che vivono le stesse esperienze, generando vera amicizia, fratellanza, tra uomini simili. Uomini simili. Si, perché dalle medesime esperienze del navigare, uomini diversi rispondono in modo dissimile, anche contrapposto. I fenomeni marittimi influiscono diversamente su uomini diversi, in ognuno acuiscono ed esaltano la qualità del carattere, della personalità, in positivo od in negativo. Il pavido, il coraggioso, l’egoista, il generoso, sperimentano tali quando le circostanze della navigazione li mettono nella necessità di scegliere. E così accade che il tuo compagno di barca sconvolto dalla paura, si rintana nel posto più sicuro della barca, indifferente al fatto che sei caduto in mare e stai per annegare. Così accade che un passante si butta in acqua per tentare di salvare una o più vite in pericolo, con il rischio effettivo di perdere la propria. Ma senza arrivare a questi estremi, sappiamo che i pavidi non escono se appena si profila il maltempo; che costituiscono un serio problema in barca se il maltempo li coglie in navigazione. Sappiamo che i generosi agiscono in modo automatico anteponendo se agli altri, dove maggiore è il rischio. Il Mare mette a nudo l’io degli uomini talchè di fronte al pericolo il buono pensa: ancora ho fatto tanto poco per gli altri! Ed il cattivo: ancora ho fatto così poco per me! Gli uomini simili si cercano lungo queste due direttrici e soltanto tra essi nasce vera amicizia. Tra i dissimili anche a mare è guerra dagli opposti fronti: i buoni si battono per gli altri, per spirito di servizio, per una causa giusta. Gli egoisti per conquistare il loro piccolo meschino primato, che soddisfi il loro sé; che lo riempia d’orgoglio per la sua meta conquistata; che lo abbia messo al riparo dal rischiare di perdere il qualcosa che già è. Abbiamo fatto esperienza diretta di questa dicotomia esistente tra gli uomini. Ma abbiamo anche constatato che non vi è proporzione tra un tipo e l’altro. Perché abbiamo visto che i peggiori sono molto, molto di più. Lo abbiamo constatato in questa recente nostra guerra interna. La Fratellanza era costellata da uomini pavidi, opportunisti ed egoisti, che hanno badato a salvaguardare il loro piccolo cantuccio, la loro piccola e pur scomoda cuccetta, piuttosto che affrontare in mare aperto la burrasca. Hanno preferito, per opportunismo, confondersi nella massa degli obbedienti, piuttosto che esporsi, cedendo alle lusinghe ed alle minacce, facendo a gara per allinearsi verso chi ritenevano il più forte ed a mostrare tutto il loro sdegno verso chi ritenevano il più debole. Frasi del tipo: “ma come vi permettete a venirci a raccontare quello che è accaduto ai vertici della Fratellanza”; “ A noi fratelli non interessa quello che accade a livello nazionale. A noi interessa l’amicizia e l’armonia che regna nella nostra Tavola “, si commentano da sé. Noi siamo i pochi che hanno messo a nudo i mali in cui la Fratellanza si dibatteva; per sanarli non abbiamo esitato ad additarne i responsabili ed a privarli dalle loro posizioni di comando di cui si servivano per soddisfare sé stessi. Ci aspettavamo encomi solenni, ma questi ci potevano venire solo da uomini simili a noi e così è stato. Il resto degli uomini al momento della scelta fatale, hanno preferito mascherare la loro pavidità con una reazione scomposta, del pari emotiva, di sdegno e di furore. Altri, prudentemente hanno preferito non esporsi, pur convinti della verità delle nostre azioni ed attendendo tempi migliori; altri si sono lasciati convincere che a breve tutto sarebbe cambiato. Non si sono detti che qualunque cambiamento può riguardare solo gli uomini, ma non lo stato della Fratellanza ormai snaturata dalle continue violazioni dell’Ottalogo e dello Statuto. La nostra azione era necessaria; non è stata frutto di un moto emotivo d’intransigenza, ma di ponderato convincimento dei mezzi, degli strumenti degli obbiettivi da conseguire. Il Mare non fa le distinzioni che solo l’uomo amorevole riesce a fare. Pone tutti nello stesso livello, va alla sostanza delle cose delle scelte ultime a fa una sola spartizione tra quelli da rispettare e quelli abbandonare. Questi nostri fratelli erano in acqua, aggrappati a niente; pensavano così di salvare se stessi. E’ stata come tutto quello che non è verità, un’inutile illusione. *** Il punto nave Sta volgendo al termine il secondo anno della nostra navigazione ed occorre fermarci adesso un attimo per fare il punto nave. La tavola nazionale è in buono stato strutturale: le assi, i longheroni ed il fasciame sono stati tutti rivisitati, ripuliti dalle incrostazioni provocate da acque stagnanti; liberati dalle manomissioni subite nel corso degli anni da parte di addetti ai lavori incompetenti; riportati con minuziosa opera di pulitura e lucidatura al loro primario splendore. Sono stati rinnovati gli strumenti di manovra, drizze, scotte, vele, nonché, cosa non meno importante, gli equipaggi, i nocchieri, gli ufficiali ed i luogotenenti. Tutto adesso è avviato ad un buon funzionamento ed i pochi ingranaggi che ancora non tengono il ritmo degli altri, si adegueranno naturalmente, con una buona lubrificata. La Tavola è grande quanto tutta la nostra Terra ed occorre molto lavorare. Tutti insieme, in armonia; tutti in fratellanza, con semplicità, serenità e senza alcuna fretta: un nuovo strumento per meglio operare; una nuova Tavola per meglio navigare lungo le nostre coste; un nuovo Fratello per volta, esaminato, soppesato, valutato. La quantità non interessa. Ci interessa la qualità: la genuinità dei sentimenti; il valore degli uomini; la loro capacità a capire ed assimilare le Leggi dell’Ottalogo. Il resto verrà da Sé. *** la rotta della Fratellanza lungo la rotta vera che abbiamo voluto imporci, il traguardo essenziale è e resterà sempre lo stesso: diffondere i Principi della Fratellanza della Costa tra gli uomini amanti del Mare: tra coloro che scrivono di Esso opere artistiche, letterarie, pittoriche; che studiano i modi ed i mezzi per meglio conoscerlo; lavorano alla sua tutela contro ogni forma di inquinamento e sfruttamento; realizzano questo loro amore praticando gli sport sani che ad esso li avvicinano facendoglielo meglio conoscere ed ammirare. Tra coloro che, spinti da quest’amore lo accostino con rispetto, con intenti benevoli, fermi nei loro propositi. Ma queste qualità spesso non bastano per fare un vero Fratello della Costa. Sono essenziali le sue qualità interiori: la sua maturità intellettiva; la saggezza conseguita; lo spirito di servizio posseduto. La vecchia Fratellanza s’è persa per le scarse qualità spirituali degli uomini arruolati. Focalizzati su se stessi, spinti dai loro egoismi per avere e mai per dare. Ad affermare se stessi sugli altri pure del pari Fratelli; con pari dignità, pari diritti. A conseguire una stabilità nelle posizioni raggiunte seppure effimera perché fatta e corredata di sole apparenze: divise che si tenevano in piedi su persone prive della luce fraterna; ma portanti nei visi nei modi, le illusioni o le ipocrisie di fratellanza; d’amore reciproco; del reciproco rispetto. S’è persa per la mancanza di spirito di libertà dei suoi uomini; lo spirito critico, il coraggio di pensare ed affermare le proprie idee; il coraggio di dichiarare le proprie opinioni anche se in contrasto con le altre. Riconoscere e denunciare le azioni, i comportamenti, gli intenti sbagliati perché in contrasto con i nostri Principi, le nostre Leggi destinati a soddisfare solo egoismi. Tanti nobili fratelli condizionati da altri prevaricanti, rintuzzati e costretti ad adeguarsi nella vana speranza di un futuro migliore per essi, più che per la Fratellanza ormai compromessa dai molti attentati, le molte modifiche alle sue regole di vita. E’ prevalsa la legge del branco: il capo che domina con la sua collera; che tiene tutto per sé, dispensando agli altri, i fedeli servitori, i resti necessari per mantenerli in stato di felice obbedienza; il branco domo, ma pronto a venir fuori per conquistare il dominio. La moneta cattiva ha scacciato quella buona ed il sistema ne è uscito deformato, irriconoscibile, perduto nelle sue caratteristiche essenziali. I Fratelli della Nuova devono fare tesoro di questa esperienza! Perché in essa non si ricada più; perché non si dimentichi ma resti sempre lì a monito per le future generazioni di Fratelli; perché siano sempre vigili al primo accenno di deviazione per bloccarlo, per rifare il punto nave e per rivedere la rotta vera |
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