IV Capitolo

Vita da Uomini di Mare
Di Livio Tominz L’ISONTINO.

Avevamo salpato l’ancora a Curzola di buon mattino, e, dopo una tranquilla traversata in pieno sole, eravamo giunti alle Tremiti nel tardo pomeriggio.
Qui, per l’impossibilità di un sicuro ancoraggio in rada per la notevole profondità del fondale fin sotto costa, avevamo approfittato per ormeggiarci ad una grossa boa da tonneggio, che era ancorata nel braccio di mare a ponente del molo di attracco dei traghetti. La barca ci cullava pigramente nel letto di una leggera brezza con la poppa rivolta verso quel grosso scoglio che sta tra le isole di san Damiano e di san Nicola.
Dopo una buona cenetta allestita dalle nostre schiave, annaffiata da un brioso vinello, e conclusa da generose libagioni di “digestivi” (leggasi rum e grappe diverse), il sottoscritto già s’era buttato in cuccetta ed in braccio a Morfeo, quando venne bruscamente risvegliato e chiamato in coperta. Un robusto libeccio, ridondando tra le isole, aveva spostato la barca avvicinandola alla grossa boa, con imminente rischio di collisione contro la fiancata di babordo. non vi era tempo da perdere.
Scartata l’idea di filare il cavo di ormeggio perchè la barca si sarebbe pericolosamente avvicinata allo scoglio che stava poco lontano dalla nostra poppa, messo prontamente in moto il motore e ricuperato il doppino a prua, dopo un giro intorno alle isole sperando di trovare un qualche ridosso che pur prevedevo inesistente, me che tuttavia la poca voglia di riprendere il mare in una notte buia e con brutto tempo, mi fece inutilmente cercare, dovetti convincermi che non mi restava altra chance, se non quella di riprendere il largo ed affrontare la buriana.
Dopo una ben poco confortevole notte di navigazione, con un noiosissimo mare al traverso, all’alba, in vista della punta del Gargano, lasciai il timone al valido Luciano, e mi ributtai in cuccetta.
Ma poco durò il mio relax! “ Vieni subito su” qualcuno mi gridò dalla coperta “ il mare ci è passato sopra e la barca, si è fermata!”
Infatti passando per il quadrato vidi acqua scorrere lungo i perspex della tuga, ed uscito in coperta venni colpito da una sferzata di vento molto teso e molto caldo, quasi fosse l’alito di un toro infuriato. La barca stava arretrando spinta da quel forte vento da prora, che l’aveva investita appena doppiata la punta del Gargano.
L’anemometro era a fondo scala. Rapidamente dovetti decidere.
Tornare indietro voleva dire tornare sino a Termoli, dato che la più vicina Vieste allora era solo un approdo con poco fondale, e sempre completamente occupato da pescherecci locali.
Ma tornare indietro si poteva sempre fare.
Pensai quindi di tentare l’altra alternativa: risalire il vento e il mare che, per fortuna, nonostante la violenza del vento, non superava forza 4.
Ed infatti aumentando lentamente i giri del motore la barca cominci• a muoversi ed a navigare controvento, e ci fu così possibile attraversare il golfo e raggiungere Manfredonia.
Benedissi allora il momento in cui fui costretto di malavoglia ad acquistare un motore di ben 100 cavalli in asse, perchè allora mi era stato impossibile trovare un motore di potenza inferiore prontamente disponibile sul mercato, e dovetti affrontare un aggravio di spesa con conseguente ulteriore alleggerimento delle mie tasche.
Entrati nel porto di Manfredonia, notammo che sul molo tutti ci guardavano ridendo, ed un marinaio, aiutandoci nell’ormeggio,ci disse: “ Ne avete preso tanto di favonio!”.
Eravamo tutti bianchi di sale, cerate comprese, per tutti gli spruzzi di acqua marina che il vento caldo ci aveva subito prosciugato addosso, e sembravamo dei fantasmi!
Nella precedente estate, in una crociera di verifica e controllo del funzionamento del motore e delle attrezzature d’armamento della barca, che era stata appena varata, ci eravamo già ormeggiati nel porto di Manfredonia.
Ricordo che allora, non trovando acqua in banchina, chiedemmo ad un marinaio del peschereccio vicino come fare per procurarcene.
“Dovete attendere l’acquaiolo” ci disse “ verrà tra un paio d’ore” Accanto alla nostra barca era anche ormeggiato un grosso rimorchiatore MICOPERI, appena lavato e ripulito e con gli ottoni tutti lustri, sul quale stavano dei marinai indaffarati, e che per giunta aveva in bella vista una grossa manichetta che buttava un torrente d’acqua in mare.
“ Non potremmo averne un pò?” Si chiese. “ Ma certo”ci dissero, allungandoci il tubo giallo tutto lustro anche quello.
In un baleno riempimmo i nostri serbatoi.
Scesi allora in cambusa, presi due bottiglie di vino bianco, e, risalito in coperta, le offrii ai marinai del rimorchiatore.
“Grazie!”dissero” ma non possiamo accettare”.
Ed alle mie insistenze:”Dobbiamo chiedere al 90 Comandante”. Così quindi fecero.
Risposta: “Il Comandante ha detto che l’acqua col vino la cambia sempre!”.
Risate, grande allegria generale, e quel bellissimo senso di antica amicizia e di solidale fraternità che unisce la gente di mare.
Poi, anche nell’estate successiva, durante la nostra seconda visita a Manfredonia, dove arrivammo bianchi di sale, la sorte ci fornì l’occasione di rincontrare il rimorchiatore MICOPERI, che venne ad ormeggiarsi proprio accanto alla nostra barca.
Salutoni, abbracci , e, naturalmente, la manichetta a nostra disposizione.
Ma la troppa fortuna non durò a lungo.
Ecco qualcuno arrivare in bicicletta. Chi?
L’acquaiolo!
Le sue grida lamentose di protesta contro i marinai del rimorchiatore, accusati di togliere ai suoi bambini il pane di bocca, pareva non dovessero avere mai fine.
Ma con noi a bordo v’era Lalo, nostro vecchio amico naturalmente dotato di buona diplomazia, che con voce pacata e suadente così l’apostrofò:”Ascolta mio caro, c’è poco da fare: oggi devi rassegnarti perchè l’acqua ce l’hanno già data loro. Tu però fa un’altra cosa: portaci una bella stecca di ghiaccio”.
Subito rabbonito l’acquaiolo sparì con la sua bicicletta.
Tornato dopo qualche tempo, ci consegnò la stecca di ghiaccio, per la quale chiese trecentocinquanta lire. Lalo gliene diede mille e lui se ne andò del tutto pacato e soddisfatto.
Venne brutto tempo e fummo costretti in banchina. Si rese necessario dell’altro ghiaccio, e l’acquaiolo, incaricato della fornitura, chiese nuovamente trecentocinquanta lire, ma aggiunse sorridendo ed ammiccando vistosamente: comme ieriii!
Intascò altre mille lire, e ci conquistammo la sua perenne disponibilità ed amicizia.
Ed in più di quel tempo a Manfredonia, ricordo ancora che le mura della cittadina erano allora, specialmente vicino al porto, diffusamente coperta da numerosi manifesti così concepiti:
IN ONORE E PER LA FESTA
DI
SANT’ANTONIO
ANTONIO “O’PISCATORE”
OFFRE
LIRE CENTOMILA
DI
FUOCO ARTIFICIALE
Che la cittadinanza tutta ne sia informata e ben consapevole!
Curiose schegge di vita del nostro generoso Sud, e cari ricordi di un vecchio timoniere.

[torna indietro]

©  2008 - Fratelli della costa d'Italia Contattaci